Alimentazione e Rivoluzione Industriale. Una trasformazione antropologica?

By: | Tags: | Comments: 0 | aprile 17th, 2018

 

Sembra che le ultime novità in fatto di medicina evoluzionistica (scienza di base fondata sulla convergenza di quattro discipline: biologia evolutiva, antropologia, genetica e microbiologia. Wikipedia) suggeriscano che la colpa delle più frequenti malattie dentali, come carie e parodontopatie, sia da ricercare nella modifica di abitudini e comportamenti alimentari instauratisi in due momenti della storia: 10000 anni fa con la Rivoluzione Agricola e il passaggio dal Paleolitico dei cacciatori-raccoglitori al Neolitico degli agricoltori e, in maniera più marcata e definitiva, 300 anni fa con la Rivoluzione Industriale (Adler CJ et al., “Sequencing ancient calcified dental plaque shows changes in oral microbiota with dietary shifts of the Neolithic and Industrial revolutions” , Nat Genet. 2013 Apr; 45(4):450-5, 455e1. doi: 10.1038/ng.2536).

I denti naturalmente allineati e privi di carie dei cacciatori-raccoglitori precedenti alla rivoluzione agricola del Neolitico

In base a questa conferma, proveniente dal mondo della genetica applicata alla microbiologia (dunque scientificamente “indiscutibile” , visto che tutta la scienza mainstream ormai poggia sulla genetica e lo studio del DNA per affermare tutto quanto oggi debba essere dato per vero al di là di ogni dubbio), diventa ben più chiara la responsabilità del capitalismo corporativo, del libero commercio e delle sue ricadute socio-culturali.

Ma andiamo con ordine, e facciamo un passo indietro, con riferimento a quanto già scritto da me in proposito, e che tanto è stato avversato da colleghi del settore soprattutto per certe considerazioni riguardanti le responsabilità del settore odontoiatrico che, a mio parere, ha mancato al proprio dovere etico di informare la popolazione del collegamento tra le malattie dentali e il mancato controllo dei mezzi e delle finalità dell’industrializzazione e del capitalismo selvaggio.  E’ tuttavia onesto sottolineare che tale responsabilità è limitata dal fatto che, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, anche in Europa come prima negli Stati Uniti è iniziato e si è concluso il processo di acquisizione del controllo del messaggio tecnico e culturale impartito agli studenti universitari dei settori biologici da parte del corporativismo bancario-alimentare-farmaceutico. Per cui la formazione e la competenza dei professionisti in ambito biologico (e non solo) è largamente inquinata dalla trasmissione di informazioni di parte (commerciale), al punto che solo pochi individui con determinati atteggiamenti caratteriali e determinate capacità logiche, deduttive e di ricerca indipendente possono farsi un’idea, comunque approssimata, di quando, come e perché sono successe e succedono situazioni, come l’attuale scandalo politico-economico dei vaccini, che dovrebbero essere considerate invece solo dai punti di vista scientifico ed etico.

Verso la fine dell’Ottocento le ricerche microbiologiche culminarono nella Teoria Batterica delle Malattie di Louis Pasteur, che recepiva le interpretazioni di Koch e gettava le basi teoriche per la nascita della medicina allopatica su scala industriale, come anche dell’industria agroalimentare costruita sull’uso di sostanze chimiche (conservanti, coloranti e additivi di vario tipo) e sul trattamento fisico dei prodotti (pastorizzazione).

Louis Pasteur

La medicina nelle università europee di maggiore importanza (come quelle dell’area franco-tedesca) venne conseguentemente orientata in senso microbiologico e antibatterico. Iniziò un’era in cui ogni tipo di malattia veniva collegata ad un particolare microbo che ne diventava responsabile, e ogni specialità medica iniziò a dare  la caccia al microbo di pertinenza. Nel contempo l’industria chimica, soprattutto negli Stati Uniti (con la collaborazione della American Medical Association), neutralizzava l’omeopatia, la naturopatia e le università non allineate ai dettami della nuova medicina, e iniziava il percorso tecnologico e politico che avrebbe portato al trionfo, e soprattutto al monopolio, delle medicine sintetiche brevettate e delle università che impartivano l’insegnamento allineato agli interessi dei vincitori.

I dentisti trovarono in W.D. Miller il paladino della versione dentale dell’antibatterismo. Miller mostrò che la fermentazione dei carboidrati presenti nei residui di cibo, da parte dei batteri che si riscontrano nelle placche associate a carie, forma acido lattico, che a sua volta scompone i costituenti minerali dei prismi dello smalto dei denti, mentre un altro tipo di batteri attacca la sostanza fondamentale che agisce da collante tra i prismi stessi. Con la scomposizione si forma un foro che aumenta progressivamente di dimensioni, chiamato carie.

Sebbene l’evidenza clinica abbia da sempre dimostrato ai dentisti che le carie possono arrestarsi da sole (anche se a nessun dentista è stato insegnato come e in quali situazioni), il messaggio prevalente trasmesso nelle università è che la carie è per sua natura un fenomeno progressivo per cui, se non arrestata chirurgicamente, finisce inevitabilmente per provocare il mal di denti e la morte dell’elemento dentale.

A partire dagli anni ‘20 la teoria batterica delle malattie di Koch e Pasteur venne messa in discussione da parte di diversi rappresentanti di varie specialità mediche, in particolare quelle che avevano a che fare proprio con le infezioni e i batteri, ma anche con lo studio del metabolismo in senso funzionale. Lo spunto era partito dall’osservazione della coincidenza clinica tra le malattie infettive, le carenze nutrizionali e le disfunzioni metaboliche concomitanti.

Si faceva strada l’idea che i batteri divenissero pericolosi solo nel momento in cui il modo di vivere dell’individuo lo indeboliva al punto tale da renderlo fortemente suscettibile agli attacchi esterni. Si era inoltre diffusa la notizia dell’immunità delle popolazioni tradizionali (cosiddette primitive) alle malattie infettive e quella delle degenerazioni tipiche delle genti inurbate, tecnologizzate e alimentate con cibi non originari.

Un noto ricercatore in ambito odontoiatrico, F.C. Bodecker, sospettando che la condizione dello smalto dentale variasse in base allo stato generale dell’individuo e dunque alla qualità del suo sangue, dimostrò, nel 1905, la presenza di canalicoli interposti tra i prismi dello smalto che permettono ad una linfa dentale, originatasi dal sangue contenuto nella polpa e selezionata nei suoi componenti dagli odontoblasti della dentina, di permearli, nutrirli e difenderli dalla carie. Lo smalto è permeabile a ciò che proviene dalla circolazione generale del sangue, come è stato provato da numerosi test eseguiti su animali, ma anche su esseri umani: si dimostrò, infatti, la presenza di piombo nello smalto dei denti di un individuo morto da intossicazione saturnina (appunto, da piombo). Gli esperimenti conclusivi sul passaggio della linfa dentale, dalla polpa allo smalto, furono condotti da E.W. Fish. Sulla base di queste scoperte, fu possibile completare la teoria batterica dell’evoluzione della carie, con gli effetti della destabilizzazione metabolica degli individui, in particolare degli equilibri tra calcio e fosforo. In condizioni di equilibrio metabolico, i sali alcalini di calcio e fosforo che, tramite la linfa dentale raggiungono la superficie dello smalto, sono sufficienti a neutralizzare l’acido lattico prodotto naturalmente dai batteri acidificanti della saliva, che comunque normalmente si trovano in così grande quantità non in natura (cacciatori-raccoglitori antichi e moderni), ma in individui di comunità che hanno attraversato non solo la rivoluzione agricola del Neolitico 10000 anni fa, ma anche e soprattutto la Rivoluzione Industriale di 300 anni fa.

Come provato dalle ricerche antropologiche, l’uomo che vive in condizioni naturali non conosce la carie, per cui la funzione naturale della linfa dentale scoperta da Bodecker non è quella di proteggere lo smalto dalla dissoluzione da parte dei batteri, con i quali peraltro convive pacificamente. La funzione della linfa dentale è di aumentare progressivamente la densità e quindi la resistenza dello smalto e della dentina, visto che la nostra dentatura è progettata per masticare alimenti molto duri come carne fresca, tendini, radici, semi ecc., non gli omogeneizzati dolci che consumiamo tutti i giorni.

La Teoria Batterica della carie di Miller venne infine riconosciuta come universalmente valida negli anni Quaranta, in occasione di un’apposita votazione ad un meeting della Internation Association of Dental Research. Una votazione politica di prezzolati ebbe la meglio sulle prove scientifiche fino ad allora accumulate (Larmas, M. (2003). Dental caries seen from the pulpal side: a non-traditional approach. Journal of dental research, 82(4), 253-256.).

Organizzati nelle varie associazioni di categoria “indirizzate” e controllate da Food and Drug Administration, American Dental Association, American Medical Association e, non ultima, dall’industria alimentare-farmaceutica, i ricercatori del settore odontoiatrico continuarono a cercare il dentifricio miracoloso o il vaccino contro la carie per inseguire inutilmente il modo per aggirare l’ostacolo costituito dal consumo di cibi industriali raffinati, che evidentemente non poteva, allora come oggi, essere messo in discussione. Oggi, la memoria di tutto questo si è persa, la ricerca etica è stata sostituita dalla quella merceologica. Perché non si dica che i dati che riportiamo sono invalidati dalla loro vetustà (come se la Teoria della Gravità di Newton rendesse meno pericoloso il buttarsi dal quinto piano solo perché è stata scritta nel Seicento), ci piace ricordare un’analoga e ben più recente teoria sistemica della carie, ad opera del dentista Ralph Steinman e dell’endocrinologo John Leonora, entrambi professori alla Loma Linda University in California.

Steinman partì dall’osservazione che una dieta a base di zucchero riduce la velocità del flusso del fluido dentinale.

I tubuli dentinali

Già a conoscenza degli studi di Bodecker e Fish, interrogandosi sulle correlazioni tra i denti e il sistema ormonale, decise di studiare il caso con Leonora. Scoprirono che l’ipotalamo produce un ormone ipotalamo-salivare che induce le ghiandole salivari a modulare opportunamente, con la secrezione parotidea, il trasporto del fluido attraverso il dente. Tale fluido possiede fisiologicamente una direzione centrifuga (cioè verso l’esterno del tessuto) e influenza la pressione idrostatica all’interno del dente stesso. Emerse che lo zucchero ha capacità di inibire la produzione dell’ormone ipotalamo parotideo. Bloccandosi questa, anche la produzione di ormone parotideo diminuisce e, con essa, la normale pressione idrostatica ed il flusso di fluido nutritizio dentinale. A questo punto ha la meglio la carie, sempre che sussistano le condizioni fisico-chimiche che stiamo per riferire. L’ormone parotideo, non solo influenza la struttura della dentina ed il trasporto del fluido, ma modula anche la produzione di insulina. Steinman e Leonora lavorarono e pubblicarono ricerche su riviste peer-reviewed dalla metà degli anni Sessanta agli anni Ottanta. Un libro commemorativo del 2004, riassume il loro lungo lavoro.

Purtroppo le notizie relative alla loro scoperta, di importanza fondamentale sia per mantenere la salute generale (e non solo banalmente dentale) dell’individuo, sia per rivedere da un punto di vista sociopolitico ed economico CHE COSA ci stanno dando da mangiare le corporations che ormai controllano il settore agroalimentare e la distribuzione dei suoi prodotti, non sono state diffuse nemmeno tra gli addetti ai lavori (i dentisti). Se si fa un sondaggio tra studenti di odontoiatria e odontoiatri laureati da almeno 5 anni, si noterà facilmente come nessuno o quasi abbia mai sentito parlare delle ricerche di Price, Pottenger, Bodecker, Fisher, Steinman, Leonora da parte dei professori universitari o sulle riviste di settore.

Come anticipato all’inizio, recenti ricerche basate sullo studio del DNA dei batteri presenti nel tartaro e nella placca associate a denti appartenuti ad esseri umani di prima e dopo la Rivoluzione Agricola di 10000 anni fa e dopo la Rivoluzione Industriale iniziata 300 anni fa, hanno stabilito l’effetto che dette Rivoluzioni sociali, culturali e tecnologiche hanno avuto sulle modalità di vita e, quindi, sugli equilibri ecosistemici della flora batterica orale.

La rivoluzione agricola del Neolitico

La conclusione è che le carie e le malattie gengivali, che mai prima erano esistite finchè l’uomo aveva vissuto in condizioni naturali (cacciatori-raccoglitori) iniziarono a manifestarsi dopo l’introduzione dei cereali circa 10000 anni fa. Queste malattie dentali rimanevano comunque rare tra gli individui di classe non abbiente, manifestandosi più frequentemente tra i ricchi.

La vera e propria epidemia di malattie orali, con una diffusione indipendente dal censo, si manifestò a partire dalla Rivoluzione Industriale di 300 anni fa, per l’introduzione di prodotti a base di zucchero e di grano raffinato. Già nel 1840, in Inghilterra, il pane non si cuoceva più in casa, nemmeno in campagna. Negli slums londinesi, non c’era spazio sufficiente per le persone e anche meno per i forni casalinghi.

La Rivoluzione Industriale

I problemi principali derivati dal consumo dello zucchero (in tutte le sue forme) e della farina moderna sono la destabilizzazione della glicemia e dei rapporti reciproci tra elettroliti ematici (calcio e fosforo i più misurati), l’accumulo di grasso e l’inefficienza funzionale indotta delle principali ghiandole endocrine. A questo riguardo già sir Arthur Keith, noto antropologo della prima metà del Novecento, ricercando la causa dell’evidente modifica dei tratti facciali degli individui delle comunità inglesi avvenuta in seguito alla Rivoluzione Industriale, riferiva di un “disturbo dell’elaborato sistema ormonale collegato alla regolazione fisologica della crescita (Keith, A. Concerning certain structural changes which are taking place in our jaws and teeth. In “The growth of the jaws, normal and abnormal, in health and disease”, 1924). Ipofisi, tiroide, pancreas e surreni gestiscono direttamente o indirettamente lo stato energetico dell’individuo. Sono proprio le ghiandole che più facilmente e rapidamente degenerano, con effetti cumulativi trans generazionali (epigenetici), in una popolazione che si alimenta prevalentemente di cibi denaturati industrialmente.

Epigenetica: come l’ambiente in cui viviamo trasforma quello che siamo

 

Tutto questo, come al solito, era stato scoperto e provato ampiamente tra l’inizio e gli anni Cinquanta del Novecento.

È molto interessante notare che, né il glutine delle specie diploidi, né quello delle tetraploidi, contengono la stessa catena di peptidi che stimola l’infausta reazione immunitaria caratteristica della celiachia. Il pane di grano esaploide (il triticum aestivum o grano tenero), usato nell’antichità per le sue qualità di ottimale lievitazione, costava molto e poteva trovarsi solo sulle tavole di classi più ricche. Per tale motivo le popolazioni, fino alla metà del Diciannovesimo secolo, consumavano generalmente pane di farine non raffinate, di farro, orzo, sorgo, segale (il famoso “pane nero”). Con la rivoluzione industriale è arrivato sulle tavole il pane di farina raffinata di grano esaploide, in quantità industriali.

Il cavo orale umano ospita, in condizioni fisiologiche (naturali) alcune specie utili al contesto organico generale, e altre invece dannose. Il consumo di amido proveniente da cereali, aumentato in questi due momenti della nostra storia, fino ad arrivare allo stato attuale in cui la quasi totalità di ciò che si mangia è di origine industriale (e la totalità di questa produzione contiene derivati di cereali, che nemmeno sono allo stato originario ma modificati tecnologicamente per esigenze commerciali), ha causato l’aumento delle specie dannose, quasi “anarchiche” in un ecosistema microbico orale e non solo aggiungiamo noi: per la contiguità anatomica e funzionale tra tutti i distretti del tubo digerente, se l’ecosistema cambia a livello orale è perché in realtà è cambiato in tutto il tubo digerente.

Da ciò si deduce che i nostri antenati avevano bocche più sane delle nostre perfino in assenza di spazzolini e dentifrici ultratecnologici dei quali, con buona pace di dentisti, igienisti e Confindustria, non ci sarebbe affatto bisogno se la gente fosse messa in condizione di fare una scelta consapevole tra questo sistema, che ci viene fatto passare per l’unico possibile, e uno maggiormente sostenibile, più ecologico, più umano.

Come ha fatto questo team internazione di microbiologi genetisti, a definire le loro conclusioni?

Si dà il caso che i batteri sono inglobati nel tartaro dentale; con le moderne tecnologie è possibile estrapolare il DNA dei batteri in esso contenuti da questo tartaro fossilizzato proveniente da scheletri di un periodo compreso tra più di 6000 a poche centinaia di anni fa.

L’analisi del DNA dei batteri del tartaro dentale ha potuto dimostrare 1) quando gli esseri umani hanno cominciato a coltivare grano o orzo (Neolitico), l’ecosistema microbico è cambiato; è aumentato l’accumulo di tartaro e sono comparse e diffuse specie batteriche che si ritrovano tipicamente, quasi fossero marker, nelle bocche di individui che sono affetti o saranno affetti da carie o malattie gengivali. (Are dental diseases examples of ecological catastrophes?Marsh PD1). Si è potuto osservare, infatti, che la composizione del microbiota orale è rimasta sostanzialmente stabile attraverso il Neolitico fino al Medioevo, dopodichè sarebbero comparse (in corrispondenza della Rivoluzione Industriale) come abituali le specie microbiche caratteristiche di carie e malattie parodontali  (Am J ClinNutr. 2005 Feb;81(2):341-54.Origins and evolution of the Western diet: health implications for the 21st century.Cordain L1, Eaton SB, Sebastian A, Mann N, Lindeberg S, Watkins BA, O’Keefe JH, Brand-Miller J.)

Il pH dell’ecosistema orale si modificò per la modifica dell’alimentazione originaria, in cui entrarono i cereali prima, e i carboidrati raffinati in generale poi. A seconda del biotipo razziale e della costituzione individuale, il ph salivare poteva diventare eccessivamente acido, favorendo la comparsa di batteri più frequentemente legati alla carie come streptococcus mutans e lactobacilli, oppure eccessivamente basico, per la concomitante esposizione cellulare di nuove proteine legate all’infiammazione, con la comparsa di anaerobi  Gram-negativi e specie asaccarolitiche.

Le recenti ricerche hanno portato all’Ipotesi della Placca Ecologica, con cui meglio si dà ragione dell’evidente relazione tra placca batterica dentale e stato metabolico dell’ospite.  È implicita in questa ipotesi la possibilità di prevenire la malattia NON SOLTANTO inibendo direttamente i suoi supposti responsabili batterici (come la Teoria Batterica delle Malattie di Pasteur ha insegnato e come il complesso industriale-alimentare-farmaceutico ha interessatamente sostenuto e promosso), MA ANCHE  interferendo con quei fattori ambientali e quelle abitudini di vita (alimentazione basata su alimenti industriali devitalizzati e sintetici: pane, pasta, pizza, dolci, derivati di farine e carboidrati raffinati) che favoriscono la comparsa e la permanenza indisturbata di queste specie microbiche che oltre che direttamente dannose sono in realtà marker indiretto di quanto siano sbagliate e autolesioniste le abitudini di vita di un individuo o di una comunità.

L’importanza maggiormente patogenetica del consumo di carboidrati raffinati rispetto alla sola introduzione dei cereali si è dedotta dal fatto che la composizione dell’ecosistema microbico orale è rimasto sostanzialmente costante tra il Neolitico e il Medioevo. Solo dopo il Medioevo, con l’epoca moderna e la Rivoluzione Industriale che ne vide l’inizio, comparvero e si diffusero i batteri legati alla carie che oggi si trovano nelle bocche di tutti, compresi quelli che non manifestano clinicamente le carie stesse (Am J ClinNutr. 2005 Feb;81(2):341-54.Origins and evolution of the Western diet: health implications for the 21st century. Cordain L1, Eaton SB, Sebastian A, Mann N, Lindeberg S, Watkins BA, O’Keefe JH, Brand-Miller J.).

È chiaro che, dopo il Neolitico, non fu la sola alimentazione a cambiare. Ma certamente oggi possiamo considerare quel periodo storico come il momento inaugurale per le cosiddette Malattie da Civilizzazione (Burkitt, D. P.; Trowell, H. C. (1981). Western diseases, their emergence and prevention. Cambridge: Harvard University Press), che si manifestarono a livello epidemico ed indipendente dallo stato sociale solo con l’avvento della Rivoluzione Industriale, 300 anni fa.

 

Il libro di Burkitt e Trowell “Western diseases, their emergence and prevention” (1981)

È interessante sottolineare che le modifiche apportate ai componenti della dieta e, soprattutto, le nuove tecnologie di trattamento, stoccaggio e preparazione degli alimenti, collidendo con le capacità di adattamento consentite dal nostro genoma ancestrale, alterarono la risposta metabolica a causa dell’alterazione di  almeno 7 effetti strategici del cibo sull’organismo: 1) carico glicemico, 2) composizione degli acidi grassi, 3) densità dei  micronutrienti, 4) composizione dei macronutrienti, 6) rapporto sodio-potassio, 7) contenuto in fibre.

Il consumo regolare, anche più volte al giorno, di zuccheri semplici (mono o disaccaridi) provenienti da zucchero di canna, zucchero di barbabietola, ma anche farina di grano, come divenne possibile dopo la Rivoluzione Industriale, insieme alle modifiche nella composizione e nel volume della saliva che segue alle alterazioni ormonali e neurologiche conseguenti a questo tipo di alimentazione, provocarono il cambiamento della flora batterica orale portando alla pandemia di carie e malattie parodontali che  si osserva oggi.  Quelli tra i dentisti provvisti di maggiore etica e consapevolezza sociale avrebbero potuto informare le masse di tutto questo… se non fossero stati espropriati della conoscenza degli effetti della dieta industriale.

Il libro epocale Di Weston Price, “Nutrition and physical degeneration”, del quale i dentisti di oggi sono stati espropriati

Un altro effetto, tutt’altro che secondario, del consumo abituale di carboidrati raffinati, è stata la riduzione delle specie microbiche normalmente viventi nel cavo orale. In linea di massima possiamo affermare che in ecosistemi sani e in equilibrio si osserva una maggiore biodiversità, così come specie dotate di maggiore resilienza. Il consumo di carboidrati raffinati, alterando l’equilibrio fisico-chimico dell’ecosistema orale, ha anche ridotto la biodiversità del microbiota. È un po’ come dire che, come nel paesaggio, che da naturale è diventato urbano e artificiale, e in cui oggi si trovano a vivere più facilmente i topi di fogna, così nel nostro tubo digerente (di cui il cavo orale è porzione) oggi le specie parassitarie si sono moltiplicate una volta sostituitesi alle specie utili e capaci di sana interazione col resto dell’organismo.

 

Dr. Andrea Di Chiara